«È stato quattro anni fa, a Casalbordino, come vice parroco». Parte da lì la storia di don Edmond Velonzara, 43 anni, originario del nord del Madagascar, dal 2003 in Italia. Storia, a detta del sacerdote, fatta di insulti, atti razziali, indifferenza e ostracismo. «Lì non mi chiamavano per nome ma sempre “l’africano” o “quel negro”» dichiara in più occasioni il sacerdote, che arriva a definire anche peggiore la situazione quando gli venne affidata la parrocchia di Santa Maria Assunta a Cittareale.
«Capitava che durante la messa, ma anche quand’ero tra la gente, di tanto in tanto spuntava quell’insulto, sempre lo stesso, martellante: “sporco negro”. Me l’hanno ripetuto fino all’inverosimile. Mi hanno profondamente ferito». «Non capitava di rado – ha detto alla web tv di Lanciano ‘www.cameramobile.it’ ed ai microfoni di “Studio Aperto” di Italia Uno - di essere irriso dai fedeli. Ho dovuto abituarmici». Ricorda il 29 giugno 2005, nella ricorrenza dei santi Pietro e Paolo, della visita di un parroco dalla Calabria e di un gruppo di pellegrini tra cui una coppia che aveva deciso di sposarsi nel santuario della Madonna di Capodacqua, sempre a Cittareale. «Ho aperto e ho permesso loro di effettuare i preparativi per la funzione ma quando se ne sono andati via, lasciando la chiesa in disordine, una donna del posto, visti banchi e sedie spostati, mi ha “aggredito”». «Come si è permesso lei che è un estraneo, a dare le chiavi della nostra chiesa. Lei qui non c’entra niente». «Ho detto basta, era troppo, troppi insulti».
Ma i cittarealesi non ci stanno. Sanno perfettamente della stima e dell’attaccamento da sempre usato nei suoi confronti. «Siamo veramente costernati ed indignati dalle dichiarazioni di Padre Edmond Velonzara rilasciate su un sito internet e riportate in un articolo apparso sul Corriere di Rieti in data 20.11.2007, circa i presunti episodi di razzismo verificatisi a Cittareale» dichiara Elisabetta Aleandri, capogruppo dei consiglieri di minoranza al Comune di Cittareale. «Conosciamo padre Edmond molto bene, amato e stimato da tutta la popolazione che lo accolse come un proprio figlio, cercando di aiutarlo a superare ogni difficoltà che un territorio così impervio può dare. Gli era stata regalata persino un autovettura affinché gli fosse consentito di spostarsi più agevolmente nelle numerose frazioni, al fine di poter adempiere al suo ministero nel modo migliore».
Ricorda di quanto «tutte le famiglie di Cittareale sono state onorate di poterlo ospitare ed averlo come commensale, considerandolo un motivo di vanto». Appresa la notizia del suo trasferimento in altra sede, tutta la comunità si è mossa affinché ciò non avvenisse, interpellando non da ultimo il sindaco, se e in qualche modo avesse potuto intercedere per questo. «La recente voce di un possibile ritorno di Padre Edmond ha destato immensa speranza e contentezza in tutta la comunità cittarealese. Per questi motivi non riusciamo a comprendere come questo sconcertante episodio sia potuto accadere, non avendo mai avuto il benché minimo sentore di episodi così vergognosi». «Chiediamo formalmente al sindaco – conclude la Aleandri - di discutere in consiglio comunale questa ignobile vicenda affinché si faccia chiarezza e venga dissolta quest'ombra che umilia e disonora tutti gli abitanti di Cittareale».
Sbalorditi ed amareggiati, i cittarealesi ripercorrono i giorni passati con il loro parroco, chiedendosi il perché di tutto questo. «La scorsa estate, mia figlia ha chiesto ed ottenuto che padre Edmond celebrasse il suo matrimonio» dichiara un assessore comunale. Ma allora, perché tutte queste attenzioni per don Edmond da parte dei cittarealesi sono state volutamente ignorate? E, semmai qualche episodio rispondesse a verità, perché generalizzare colpevolizzando un’intera comunità?
Il servizio di "Studio Aperto"
da "il Giornale di Rieti" del 28/11/2007