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Tale identificazione risulta confermata dalla presenza di un'ampia area sostruita da un lungo muro di terrazzamento, in cui si deve probabilmente riconoscere un campus, il luogo destinato appunto a tali esercizi. Queste strutture attestano la natura di luogo di aggregazione politico-militare di quest'area, particolarmente al momento della guerra sociale, quando Falacrinae e i Sabini, ormai da secolo cittadini Romani, si trovarono in prima linea, in quanto retrovia dell'assedio romano ad Ascoli, uno degli episodi centrali della guerra.
Non è quindi impossibile che l'iscrizione repubblicana si riferisca al comandante di quell'assedio, Pompeo Strabone (il padre di Pompeo Magno), anche se altre possibilità non vanno scartate, ad esempio Sertorio, sabino di Norcia, che partecipò alla guerra con un ruolo di comando.
In età tardo-antica, tra la fine del IV e il VII secolo, l'edificio, da tempo distrutto, venne occupato da una necropoli, pertinente anch'essa all'abitato di Falacrinae, di cui costituisce l'unica testimonianza superstite per quel periodo oscuro, coincidente con le guerre gotiche e con l'invasione longobarda. Nel corso della campagna del 2005 sono state scavate circa trenta tombe a inumazione entro fosse rivestite e coperte da lastroni di arenaria: i corredi conservati comprendono in genere una brocchetta o un'anforetta collocata accanto alla testa (la cui simbologia, certamente cristiana, allude forse al refrigerium, all'acqua salutifera offerta ai morti in garanzia di immortalità) e, in alcune tombe femminili più ricche, bracciali, orecchini, collane, anelli e - in un caso - una straordinaria fibula a disco con la rappresentazione della danza di un uomo e di una donna, accanto ai quali si leggono i rispettivi nomi: Romanus e Anastassia (V-VI secolo d. C.).
Questa scoperta viene a colmare una lacuna cronologica tra gli ultimi documenti romani e le attestazioni medioevali, non anteriori al IX secolo in questa zona. La campagna di scavo dell'anno in corso, svoltasi tra il 17 luglio e il 19 agosto, si è concentrata in due zone: la località Pallottini (con il compito di completare l'esplorazione della necropoli tardo-antica), e l'area a sud della frazione di Vezzano, dove l'indagine geofisica dell'anno precedente e la presenza di materiali archeologici in superficie avevano segnalato un insediamento antico. L'ipotesi che si trattasse del vicus di Falacrinae era suggerita dall'ampiezza dell'area, circa 7-8 ettari, che permetteva di escludere l'identificazione con una villa o comunque con un insediamento minore.
Lo scavo ha permesso di confermare questa ipotesi: all'interno dell'area scavata (più di 500 mq) venivano portate alla luce i resti di due abitazioni, una delle quali, quasi integralmente liberata, costituita da due settori distinti, approssimativamente della stessa superficie (circa 140 mq): il primo caratterizzato dalla presenza di un atrio con un piccolo impluvio, da cubiculi (stanze da letto) e da altri locali non identificabili, chiaramente destinato ad abitazione privata; il secondo, comprendente solo due grandi ambienti, con un ampio ingresso, probabilmente destinato a magazzino di derrate o ad officine.
Si tratta di vere e proprie fattorie, ma non disperse, bensì concentrate all'interno abitati. E' notevole che l'occupazione del sito, documentata dai materiali raccolti, che ha inizio nel VI secolo a. C., si concluda con l'abbandono alla fine del periodo giulio-claudio: è inevitabile collegare tale cesura con l'accesso di Vespasiano al potere e con la distribuzione delle terre sabine a veterani della guerra giudaica, che dovettero determinare lo spostamento degli abitanti del vicus in fattorie disperse nel territorio. Lo scavo, che verrà proseguito con campagne successive, è di straordinaria importanza: esso infatti non solo ha permesso di risolvere in via definitiva il controverso problema della localizzazione di Falacrinae, ma costituisce il primo esempio di esplorazione ampia e sistematica di un vicus: il tipo di insediamento non urbano, universalmente diffuso in tutta l'area appenninica dell'Italia centrale e meridionale, per cui fino ad oggi si disponeva solo delle scarse ed equivoche testimonianze dei testi letterari antichi.
Da questo punto di vista, lo scavo di Falacrinae costituirà l'esempio pilota per la conoscenza dell'habitat italico e delle sue caratteristiche forme di insediamento: un'indagine cruciale per una storia dell'Italia antica non esclusivamente concentrata sul centro egemone di Roma e sulle sue diramazioni. L'area della necropoli ha restituito un'altra ventina di tombe, che presentano le stesse caratteristiche di quelle scavate in precedenza, anche se nell'area scavata sembrano concentrarsi soprattutto deposizioni di bambini. Anche qui sono stati scoperti alcuni ricchi corredi femminili.
La campagna dell'anno prossimo, oltre che allo scavo del vicus, dovrà rivolgersi anche ad altri settori: in particolare, è prevista l'esplorazione di un possibile santuario della acque, forse della dea Vacuna, identificato ipoteticamente nel cito di Pisciarello, alle sorgenti del Velino. Inoltre, andrà avviata la ricerca sul territorio, sugli insediamenti rurali e sulle ville: non sembra impossibile, a proposito di queste ultime, che si possa anche identificare la villa dei Flavi, la cui presenza è testimoniata nella zona (in base alla "vita di Vespasiano" di Suetonio) almeno a partire dalla fine del II secolo a. C.
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